“I will go celebrate anything I see or am, and sing and laugh and deny nothing”
“Celebrerò tutto ciò che vedo e che sono e canterò, riderò e non negherò nulla”
(Walt Whitman)
Non so se provassero qualcosa di simile a questi versi i membri dell’associazione psichiatrica americana, quando nel 1973 rimossero l’omosessualità dalla lista delle malattie mentali. L’Organizzazione Mondiale della Sanità nel 1987 confermò tale scelta, eliminando completamente l’omosessualità dal Diagnostic and Statistical Manual of Mental disorders (DSM); sta di fatto che l’omosessualità non è una malattia da curare, né tantomeno, un male per la nostra società ma solo e unicamente una variante naturale del comportamento sessuale umano, e nessuna terapia può essere messa in atto per modificare l’orientamento sessuale.
Metafora adeguata quella utilizzata da Margherita Graglia (2009) quando afferma che in realtà, possiamo paragonare l’orientamento sessuale allo spettro di un arcobaleno che varia in gradi ed intensità dei suoi colori. Quindi l’omosessualità non è una malattia, ma una condizione articolata e complessa dove convivono elementi come le caratteristiche della propria personalità, il comportamento, le fantasie, le emozioni, l’affettività, il desiderio, le relazioni. Questi elementi possono anche non andare nella medesima direzione e subire mutamenti nel corso del tempo. Ogni individuo sviluppa un suo particolare modo di vivere la dimensione erotica ed affettiva, unica come il colore dei propri occhi o dei capelli.
Omosessualità malattia? No.
Prendere consapevolezza di tale dimensione è un percorso a volte lungo e complesso che implica l’accettazione e la interiorizzazione di una nuova identità personale e la manifestazione di ciò verso l’esterno: la famiglia in primo luogo, gli amici, il posto di lavoro. E’ un percorso in cui sono implicate diverse dimensioni della persona: le emozioni, il pensiero, i comportamenti, la sessualità, le relazioni. Ma tutto ciò deve fare i conti con l’ambiente esterno e la cultura circostante che è purtroppo ancora dominata da visioni e atteggiamenti di scarsa accettazione se non addirittura di ripulsa e avversione e molte persone non sono ancora convinte che l’omosessualità non sia una malattia. E’ ciò che possiamo definire come OMOFOBIA ovvero un insieme di pregiudizi, atteggiamenti, comportamenti e opinioni discriminatori nei confronti di gay e lesbiche che si può spingere fino alla violenza.
Un gay o una lesbica che fin dall’infanzia ha sentito intorno a sé pregiudizi e atteggiamenti negativi finisce per sentirsi “sbagliato” in quanto omosessuale sviluppando difficoltà ad accettare serenamente il suo orientamento sessuale, fino alla completa negazione di tale orientamento. Ancora più problematico, tutto ciò, quando avviene in fase adolescenziale aumentando le difficoltà implicite in un momento di passaggio e trasformazione quale l’adolescenza rappresenta. Il supporto psicologico individuale o di coppia, ha lo scopo di sostenere la persona nel processo di costruzione e accettazione del proprio orientamento sessuale. Non si tratta dunque, di un intervento psicoterapeutico perché l’omosessualità non è una malattia, quanto piuttosto di un sostegno nei momenti più delicati e difficoltosi di questo processo, con lo scopo di promuovere il benessere e la salute ed evitare che si inneschino meccanismi di patologica non-accettazione di sé.