Lo Psicologo del lavoro svolge una serie di funzioni connesse all’acquisizione, alla gestione e allo sviluppo delle risorse umane: la selezione , la valutazione del potenziale, counselling organizzativo, formazione, attività si ricerca su l mercato del lavoro e delle professioni. Come psicologo del lavoro, nello specifico mi occupo di:
• Supporto al cambiamento della cultura organizzativa finalizzata all’aumento di coesione e identità interna.
• Definizioni di percorsi di formazione ad hoc per ruoli di particolare responsabilità attraverso processi di affiancamento individuale e coaching.
• Consulenza strategica per la definizione di modelli di gestione delle risorse umane.
• Percorsi di valutazione e assessment.
• Supporto individuale rivolto ai manager per la gestione di situazioni complesse sul piano relazionale ed emotivo.
• Interventi per la riduzione del rischio di bourn out lavorativo con particolare riguardo ai profili professionali che si occupano di cura delle persone (medici, infermieri, operatori socio sanitari, educatori) attraverso attività di formazione e affiancamento.
La funzione dello psicologo del lavoro e la cultura organizzativa
Agire sulla cultura aziendale è forse la più grossa sfida del management di qualsiasi organizzazione. E’ la quintessenza di tutti i cambiamenti.
La cultura di una organizzazione è l’insieme dei valori, delle rappresentazioni simboliche, dei riti, dei miti che sono condivisi da quello specifico gruppo sociale che è l’azienda e racchiude in sé molto più di una semplice visione delle caratteristiche dei marchi visibili dal di fuori. E’ il fattore che produce coesione interna e condivisione e che orienta il comportamento dei singoli conferendo a ciascuno un metodo comune e caratteristico per trasmettere e analizzare le informazioni. Indica la strada che l’azienda intende percorrere in futuro.
Se i processi operativi si possono apprendere in quanto parte del concreto e tangibile, i valori si possono trasferire solo attraverso l’esempio: collaborazione, spirito di gruppo, appartenenza sono dimensioni che appartengono all’invisibile e all’impalpabile. La cultura d’azienda rispecchia dunque i valori di chi ne è a capo, il suo pensiero, le sue visioni e soprattutto i suoi comportamenti.
Di fronte al cambiamento nasce la necessità di studiare le imprese dal punto di vista culturale, mappare il “non mappabile”, descrivendo un percorso concreto ed attuabile attraverso la fitta foresta delle interazioni psicosociali in atto nei sistemi aziendali. Per capire da dove derivi il loro successo o l’insuccesso, cercare di capire quali siano i valori che spingono le persone a comportarsi in un determinato modo, ciò che per l’impresa rappresenta il modo corretto di agire, come vengono affrontati i problemi e come vengono riconosciuti gli eventi positivi.
Il fine ultimo è la creazione di una Cultura in grado si supportare gli obiettivi aziendali.
Ma per analizzare, comprendere, cambiare, non possiamo pensare alla cultura aziendale come se fosse uno strumento manageriale, come una nuova forma di struttura organizzativa. Dobbiamo utilizzare lenti e linguaggi diversi: che diano voce al racconto delle singole persone e dei gruppi, ai desideri, alle emozioni, a quanto spesso viene taciuto. A quella parte nascosta che anima, che genera sviluppo e cambiamento.
Supporto al management
Le trasformazioni messe in atto dall’azienda in funzione dei propri obiettivi sono le sfide di ogni management. Affrontare la terra di mezzo e le incognite di ogni cambiamento, gli inevitabili errori, le resistenze proprie e altrui rappresentano, per chi sta al timone, un peso maggiore di responsabilità. La complessità delle relazioni, la necessità di far aderire, far comprendere, condividere percorsi spesso faticosi possono essere vissuti dalle persone con senso di inadeguatezza o viceversa con un sentimento di onnipotenza.
Estremi che non incidono positivamente.
L’intervento psicologico, in questo caso, si esprime come vera e propria attività di sostegno e di accompagnamento individuale ai processi di sviluppo in corso (di contesto, di ruolo, di funzione) agevolando i processi di crescita professionale individuale. Può essere definito come specifico sportello che offre sia momenti di ascolto e di verifica che di percorsi, pur brevi, ma maggiormente strutturati.
La formazione
Io, da psicologo del lavoro, penso alla formazione come a uno spazio di progettualità per le persone e le loro organizzazioni. Uno strumento per facilitare il cambiamento individuale e collettivo. Spazio per recuperare un senso condiviso, luogo per ridare voce al racconto dei singoli, tempo dell’ascolto e della riscrittura. Questa metafora della narrazione a più voci, come nei racconti orientali o quelli più vicini a noi dei racconti di Boccaccio sembra restituire non solo suggestione e fascino.
Ripensare ai set formativi come momenti funzionali a liberare energia soggettiva e intensità di gruppo, passaggio dal privato al pubblico, dall’implicito all’esplicito, con precisione di dettagli, descrizioni circostanziate, riferimenti alle esperienze vissute, ai luoghi o persone reali.
Contro il rischio che la formazione, soprattutto quella legata al ruolo, diventi una maschera, una difesa formale e strutturata al cambiamento vero.
Lo psicologo del lavoro nella sua veste di formatore diventa coprotagonista attivo e partecipante nello spazio della narrazione e non è più quello che interpreta e definisce il giusto e il meno giusto ma soggetto interagente con gli altri nella costruzione e ricostruzione dei significati.